Serve una nuova politica sulle migrazioni

01 / 10 / 2020

Si celebra il 3 ottobre la quinta giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, a sette anni dalla strage avvenuta al largo di Lampedusa il 3 ottobre del 2013, dove persero la vita 386 persone, donne, uomini, bambini, nel naufragio di un barcone al quale avevano affidato il loro viaggio della speranza.

Purtroppo non è stato né il primo né l’ultimo di questi tragici episodi.
Stando ai dati dell’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), nei primi sei mesi del 2020 sono almeno 302 le persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa nella rotta del Mediterraneo centrale. La proporzione di persone morte in mare rispetto a quelle partite dalle coste libiche è passata da 1 persona ogni 29 partite nel 2018 a 1 ogni 6 persone nel 2019. Un dato tragicamente in linea con le tendenze degli ultimi anni: nessuna rotta migratoria del Mediterraneo, via terra o via mare, ha visto morire nel quinquennio 2014-2019 tanti esseri umani quanti quella dal Nord Africa all’Italia: 14.768 persone inghiottite dal mare, a cui si aggiungono i 1.878 morti verso la Grecia e i 1.189 verso la Spagna (fonte Unhcr).
Nel corso degli ultimi mesi la pandemia da Covid-19 ha costituito un ulteriore pretesto per azzerare le missioni istituzionali europee di ricerca e soccorso e continuare a frapporre enormi ostacoli alle poche navi delle Ong ancora presenti nel Mediterraneo per prestare soccorso a centinaia di profughi e migranti.

Stando ai dati diffusi dal Viminale sono 23.720 le persone arrivate in Italia dal primo gennaio al 30 settembre 2020, di cui 2.978 minori non accompagnati. Pur in crescita sull’anno precedente, si tratta di un numero estremamente più basso in relazione ai “picchi” del 2016 e 2017 e irrisorio in proporzione alla popolazione e nello stesso raffronto con gli arrivi (via mare o via terra) nella maggior parte dei Paesi europei e, in particolare, in Grecia e Spagna. A contenere gli arrivi in Italia ha contribuito anche l’attività della Guardia costiera libica, finanziata dall’Italia, che dall’inizio dell’anno ha riportato indietro a Tripoli migliaia di persone, costrette a tornare nel Paese da cui cercano di fuggire, e dove sono in corso violenti scontri armati, Paese che tutte le organizzazioni internazionali hanno formalmente dichiarato non essere un porto sicuro.

A oltre un anno dalla caduta del governo giallo-verde non sono ancora stati modificati i Decreti sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno Salvini, che hanno fortemente peggiorato le condizioni di profughi e migranti e allargato l’area dell’irregolarità, solo in parte ora ridotta dal parziale provvedimento di emersione e regolarizzazione approvato dal governo Conte 2 e conclusosi lo scorso 15 agosto.

Di fronte a questa tragica situazione non basta prendersela con la criminalità degli scafisti e dei trafficanti di esseri umani. Né basta la memoria e il dolore di un giorno.
Servono reali politiche di accesso umanitario da paesi flagellati dalle guerre, dalle carestie, dai disastri “naturali” causati dagli effetti del cambiamento climatico.

Lo Spi partecipa alla mobilitazione delle confederazioni Cgil, Cisl e Uil e delle associazioni umanitarie e di volontariato – in particolare quelle riunite nella campagna “Io accolgo” – per chiedere al governo un radicale cambiamento delle politiche migratorie in Italia come in Europa.
Purtroppo, al di là delle promettenti dichiarazioni della presidente von der Leyen, la Commissione Europea ha finora partorito un misero topolino nella proposta di un nuovo patto europeo per l’immigrazione. Sotto altre forme si ripropongono solamente muri e respingimenti e la “solidarietà” tra gli Stati membri si concretizza nella sponsorizzazione e nel pagamento di massicce espulsioni, tanto dubbie dal punto di vista dei diritti umani e del diritto d’asilo, internazionalmente riconosciuto, quanto inefficaci sul piano pratico.

È invece necessario un radicale cambiamento delle politiche migratorie. Vanno abrogati accordi per bloccare il transito e la partenza di rifugiati, migranti, richiedenti asilo come quelli siglati con la Turchia, la Libia, il Niger ed altri paesi che non possono essere considerati “sicuri”, né rispettosi dei diritti umani. Al contrario, in stretta collaborazione con le organizzazioni internazionali – Unhcr, Oim - è ora di stabilire corridoi umanitari per le situazioni di gravi conflitti armati, di disastrose carestie, di continue violazioni dei diritti umani, e di svuotare i disumani e criminali lager in Libia come i superaffollati campi delle isole greche.
Dall’altro lato, vanno ripristinati canali regolari di accesso per ricerca di lavoro in Italia e in Europa - dove, tra l’altro, l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite richiedono l’afflusso di persone giovani.

In Italia, una nuova politica dell’immigrazione, deve superare definitivamente la legge Bossi-Fini, l’accordo con la Libia, i decreti sicurezza del governo giallo-verde, riaprire in maniera seria e credibile l’ammissione di lavoratori stranieri tramite i decreti flussi e rivedere significativamente la legge sulla cittadinanza, riconoscendo finalmente i diritti di quelle centinaia di migliaia di minori nati o cresciuti nel nostro Paese.

Che la giornata del 3 ottobre, dunque, serva per promuovere la costruzione di un’Italia e di un’Europa aperte, accoglienti, solidali che sappiano valorizzare il positivo contributo culturale, economico, di diversità che le persone migranti portano ai nostri Paesi.

DIPARTIMENTO
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