3 ottobre: giornata delle vittime dell’immigrazione

02 / 10 / 2017

Si celebra il 3 ottobre la seconda giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, a quattro anni dalla strage avvenuta al largo di Lampedusa il 3 ottobre del 2013, dove persero la vita 386 persone, donne, uomini, bambini, nel naufragio di un barcone al quale avevano affidato il loro viaggio della speranza. Purtroppo non è stato né il primo né l’ultimo di questi tragici episodi.
Secondo l’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni (Oim) – che tiene aggiornata la tragica conta dei morti nel Mediterraneo, dove perdono la vita oltre l’80% dei migranti morti in fuga nel mondo - quest’anno, fino a metà settembre, sono stati almeno 2.556 i migranti annegati nel Mediterraneo, nel tentativo di raggiungere le coste italiane o quelle greche e spagnole, con un aumento consistente nel mese di Agosto, rispetto ad Agosto 2016, proprio in concomitanza con la drastica riduzione degli sbarchi in Italia. Cioè, minori partenze e minori arrivi, ma più annegamenti.
Non basta prendersela con la criminalità degli scafisti e dei trafficanti di esseri umani. Né basta la memoria e il dolore di un giorno. Servono reali politiche di accesso umanitario da paesi flagellati dalle guerre, dalle carestie, dai disastri “naturali” causati dagli effetti del cambiamento climatico.
Bisogna avere il coraggio di affrontare il problema con una drastica revisione delle politiche europee ed italiane. Accordi come quelli siglati con la Turchia, la Libia, il Niger ed altri paesi che non possono essere considerati “sicuri”, né rispettosi dei diritti umani, per bloccare il transito e la partenza di rifugiati, migranti, richiedenti asilo non possono essere considerati una “soluzione” semplicemente perché alleviano il nostro peso dell’accoglienza – a spese di persone già tragicamente colpite da guerre, carestie, cataclismi ambientali, vessazioni e violenze durante il lungo viaggio che li separa dalle coste.
Rifiutando di cedere alle paure e ai facili populismi, spesso alimentati da campagne politiche e mediatiche non fondate sui fatti, è ora di stabilire corridoi umanitari per le situazioni di gravi conflitti armati, di disastrose carestie, di continue violazioni dei diritti umani e canali regolari di accesso in Italia e in Europa - dove, tra l’altro, l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite richiedono l’afflusso di persone giovani e volenterose.
Pur con differenze importanti, nel loro complesso i governi europei non si stanno dimostrando all’altezza di queste sfide, di fronte a flussi migratori che – in proporzione alla popolazione di oltre 500 milioni di persone dell’Unione – rappresentano comunque infime percentuali e non dovrebbero costituire un problema per le politiche di accoglienza, oggi, mentre tutti riconoscono che si tratta di risorse umane importanti per l’immediato futuro.
Purtroppo prevale ancora la logica dei muri e delle restrizioni. E anche i governi più avanzati sono favorevoli al ripristino dei controlli alle frontiere, rimettendo in discussione gli accordi di Schengen, e all’intangibilità dei Regolamenti di Dublino, che costringono i rifugiati a rimanere nel paese di primo approdo.
Lo Spi Cgil vuole abbattere questi muri – fisici o legislativi - come ha dimostrato concretamente anche con le iniziative del luglio 2016, al Brennero, insieme al sindacato dei pensionati austriaco, del 18 dicembre a Ventimiglia con i pensionati francesi di Cgt e Cfdt, il primo aprile a Noto con i pensionati tunisini dell’Ugtt e il 7 giugno a Obrezje (Slovenia) con 14 sindacati pensionati di dieci paesi dei Balcani e dell’Est europeo. Iniziative che hanno ricevuto il plauso del Primo Ministro Paolo Gentiloni e della Presidente della Camera Laura Boldrini.
Che la giornata del 3 ottobre, dunque, serva realmente per cambiare politica sull’immigrazione, per promuovere la costruzione di un’Italia e di un’Europa aperte, accoglienti, solidali che sappiano valorizzare il positivo contributo culturale, economico, di diversità che le persone migranti portano ai nostri paesi.
Anche con la rapida approvazione, nel nostro paese, della nuova legge sulla cittadinanza, aspettata da anni da almeno ottocentomila ragazze e ragazzi, italiani in tutto, salvo che nei documenti.

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